LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Corvi Luigi, nato a Roma il 23 giugno 1958, Lacava Cristina, nata a Roma il 17 marzo 1964, Minerbi Marcello, nato a Milano il 24 febbraio 1939; Contro la sentenza della Corte di appello di Roma 25 giugno 1998 la quale, parzialmente confermando la sentenza del tribunale di Roma 3 febbraio 1995, li condannava alla pena di mesi tre di reclusione e L. 300.000 di multa ciascuno, pene sospese, per il reato degli artt. 110 c.p. e 15 legge n. 47/48 in relazione all'art. 528 c.p. perche' in concorso tra loro e con pubblico ufficiale non identificato, redigendo e stampando, sul n. 35 anno 3 del settimanale "Visto" un articolo intitolato "Nella villa del delitto" che corredavano con tre fotografie a colori riproducenti le immagini del cadavere di Alberica Filo Della Torre, cosi come era stato rinvenuto nell'immediatezza della scoperta del relativo omicidio e comunque prima della rimozione del cadavere stesso, previo accordo con il pubblico ufficiale, che aveva precedentemente consegnato loro i fotogrammi negativi delle fotografie facenti parte del fascicolo dei rilievi di polizia scientifica o comunque copie di tali fotografie, mettevano in circolazione a fine di commercio il predetto stampato periodico con i particolari impressionanti e raccapriccianti delle tracce di sangue sul corpo e sugli indumenti, delle nudita' del cadavere e delle modalita' di esecuzione del delitto, commesso nella camera da letto della vittima, particolari certamente in grado di turbare il comune sentimento della morale e dell'ordine familiare. In Milano il 22 agosto 1991. Udita la relazione del consigliere dr. Di Nubila; Sentito il Procuratore Generale dr. Gioacchino Izzo, il quale ha chiesto sollevarsi questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15 della legge n. 47 del 1948; Sentiti i difensori, i quali si sono associati, insistendo in subordine per l'accoglimento nel merito dei ricorsi; Rileva in fatto e in diritto 1. - A seguito della pubblicazione sul settimanale "Visto" delle fotografie scattate dalla Polizia giudiziaria in occasione della scoperta del cadavere di Alberica Filo della Torre, i tre imputati venivano incriminati per i delitti di ricettazione, pubblicazione di immagini coperte da segreto e pubblicazione di fotografie impressionanti e raccapriccianti, atte a turbare il sentimento della morale. 2. - Assolti nei due gradi del giudizio di merito dalle prime due imputazioni, hanno proposto ricorso per cassazione i tre imputati, deducendo diversi motivi, tra i quali in limine l'illegittimita' costituzionale della norma incriminatrice, vale a dire l'art. 15 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. 3. - A tale eccezione si e' associato il Procuratore generale presso questa Corte di cassazione. 4. - Ad avviso del Collegio, la questione di legittimita' costituzionale della norma suddetta e' rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata. 5. - L'art. 15 predetto richiama le penalita' di cui all'art. 528 c.p. per il caso di "stampati i quali descrivano o illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o anche soltanto immaginari, in modo da poter turbare il comune sentimento della morale o l'ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti". 6. - La condotta incriminata consta dunque dei seguenti elementi: descrizione o illustrazione di avvenimenti anche immaginari su stampati; uso di particolari impressionanti o raccapriccianti; modalita' tali da poter turbare la morale corrente ovvero l'ordine delle famiglie ovvero da poter favorire il diffondersi dei suicidi o di delitti. 7. - La censura in incostituzionalita' si e' appuntata, fino dalla fase di merito, da parte degli imputati sulla genericita' e indeterminatezza della norma incriminatrice nella parte in cui adotta il parametro del possibile turbamento del "comune sentimento della morale" come requisito determinante della condotta. 8. - La Corte di appello si e' resa conto del problema, dando atto che "se la norma contenesse il solo richiamo al comune sentimento della morale, sarebbe difficile negare l'esistenza e la consistenza di quegli inconvenienti segnalati nel gravame". Peraltro, la Corte di appello risolve la questione di legittimita' costituzionale nel senso della manifesta infondatezza, proponendo una lettura della norma la quale superi il dato innegabile della genericita' del riferimento alla morale comune quale fonte di diritto penale: la violazione della morale comune in tanto viene in considerazione in quanto sia talmente marcata da destare sensazione o raccapriccio. 9. - Lettura certamente sostenibile, ma non idonea a risolvere il dilemma. Proporre una sorta di endiadi ovvero un tutto unico interpretativo che tenti una sintesi tra morale comune, impressione e raccapriccio, non aiuta a risolvere il problema. Nella fattispecie, valutate le foto come raccapriccianti ( ma quante immagini impressionanti eo raccapriccianti sono passate sotto gli occhi degli italiani in questi anni, senza che alcuno venisse incriminato: si pensi ai giornali, alle riviste, al cinema, alla stessa televisione) la violazione della morale corrente in una col raccapriccio viene ravvisata nella solidarieta' umana, nella pieta' verso la defunta, nella repulsione istintiva verso le ferite, nella dignita' della persona oltraggiata dalla pubblica ostensione del suo corpo : insomma, tutto quel complesso di valori che sono avvertiti dalla comunita' con immediatezza di consenso come facenti parte del comune sentimento della morale, violati in modo eccessivo e socialmente inadeguato 10. - Una lettura cosi' complessa della norma incriminatrice, se da un lato rappresenta uno sforzo apprezzabile e sostenibile di fornire una interpretazione ragionevole ed adeguata, non appare idonea a dimostrare che l'eccezione di incostituzionalita' sia "manifestamente infondata". 11. - Giustamente replica la difesa, nei motivi di ricorso per Cassazione, che la norma viola l'art. 25, secondo comma della Costituzione, in quanto non consente di individuare l'oggettivita' giuridica sottostante al delitto. Il "bene giuridico" tutelato appare sfumato ed indefinibile. Ne' la giurisprudenza sulla norma consente di rimediare alla genericita' della condotta incriminata, mediante una delimitazione in via interpretativa dei contorni del reato. Infatti i casi sono scarsissimi e ancor meno sono quelli pervenuti all'esame della Corte di cassazione, talche' non e' possibile indicare quale interpretazione della norma di cui all'art. 15 della legge n. 4748 sia fornita dalla giurisprudenza. 12. - Se il vietare immagini "impressionanti o raccapriccianti" puo' rappresentare un criterio elastico della condotta, di per se' non in contrasto con l'esigenza di certezza della norma incriminatrice, l'ulteriore parametro di riferimento costituito dalla morale comune costituisce un criterio del tutto indeterminato. 13. - La norma incriminatrice presta il fianco alla censura di probabile incostituzionilita' per violazione dell'art. 3 della Costituzione, in ragione della discriminazione operata in danno di chi diffonde immagini o notizie per mezzo della stampa, assoggettato ad una sanzione penale in ragione della violazione della "morale comune", sia pure col filtro dell'immagine o notizia impressionante o raccapricciante. 14. - Si ravvisa inoltre probabile violazione dell'art. 21, sesto comma della Costituzione: sono vietate le pubblicazioni contrarie al buon costume. La legge sulla stampa vieta invece le pubblicazioni contrarie alla morale comune, concetto che appare piu' ampio del buon costume e quindi rende la norma ordinaria piu' restrittiva della norma costituzionale. Se, invece, si ritiene che i due concetti siano analoghi, appare difficile negare l'indeterminatezza della fattispecie penale, la quale ripete semplicemente e non specifica il dettato costituzionale. Si ricade quindi nella censura che segue. 15. - Si ravvisa probabile violazione dell'art. 25 della Costituzione: la condotta incriminata deve essere determinata dalla legge e solo da essa. Puo' ammettersi il riferimento a criteri elastici o desunti da altre fonti che non siano la legge formale. Ma occorre che la condotta punibile sia determinata o determinabile in base alla norma e non rimessa a valutazioni soggettive, variabili e non definibili "a priori".